Alimena Estate 2011 – Presentazione del libro “Un tiempu, o ma paisi” di Maria Alleri

Alimena - Presentazione del libro

E’ stato presentato martedì 23 Agosto, presso la sala Balducci del Comune di Alimena, il libro “Un tiempu, o ma paisi” di Maria Alleri. Attraverso il racconto in dialetto siciliano tipicamente madonita vengono rappresentati spaccati del vivere semplice, lento, spesso faticoso, che scorreva un tempo nei piccoli centri agricoli delle Madonie. L’autrice scavando nella memoria, ripercorre a ritroso quegli anni vissuti intensamente alla ricerca di ciò che il fluire impietoso del tempo non è riuscito a cancellare, recupera frammenti del proprio passato e ricostruisce le vicende, la storia quotidiana di uomini, donne e bambini trasformando la memoria personale in memoria collettiva, regalando alle nuove generazioni un’opportunità di rintracciare le proprie radici culturali.

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6 Commenti
su “Alimena Estate 2011 – Presentazione del libro “Un tiempu, o ma paisi” di Maria Alleri”

  1. Gentile signor Albanese Salvatore (che è anche il nome di mio padre), terrò conto nella prossima ristampa dei suoi suggerimenti sopratutto per quanto riguarda i termini tipo ugghi/ulli e simili, in quanto mi è stato sicuramente di aiuto nell’individuarli ed elencarli. L’unica cosa che mi dispiace è se non sono riuscita a far passare il messaggio che il mio libro è l’opera amatoriale di un esordiente che nelle vesti di “emigrante” ha voluto trasporre i ricordi sommersi che affioravano prepotentemente, in una fedele narrazione del suo vissuto senza volere inventare o tradire nulla. Resto aperta a qualunque osservazione perchè non si finisce mai di imparare e perchè non mi propongo nessuno scopo letterario ma un sentimentale revival per me stessa e per chi lo vuole condividere
    Cordiali saluti,
    Maria Alleri

  2. Sono lieto per Lei, Prof. ssa M. Alleri. Il suo libro è degno di vincere tanti altri premi, ma le imperfezioni non sono fantasiose; sono semplici constatazioni che saltano agli occhi non solo dalla lettura dei brani, ma dalle affermazioni contenute nell’introduzione, alla quale Lei rimanda. Infatti, proprio in essa è dato leggere che
    “il libro.. è composto da 18 brani in dialetto siciliano madonita. Il linguaggio scritto usato, deriva dall’interpretazione e dalla ricostruzzione del linguaggio parlato ascoltato..”. Il linguaggio non si interpreta o ricostruisce, si riporta, se si vuole far cosa che conduca alle radici. Il linguaggio interpretato o ricostruito, può essere anche deformato. Se poi Lei ritiene soddisfatta la caratteristica della doppia “ll”, “quale forma arcaica dell’enclave dell’Alto Salso”, cui Bompietro appartiene, mi sbaglio io se leggo “ugghi” al posto di “ulli”, o “pi munnarla” al posto di “pi munnalla” o “ammuttanti” al posto di abbuttanti” o “..pi sentiri u buottu” al posto di “pi sentiri a botta” 0 “mi scantava a ghiricci” al posto di “mi scantava a iricci”.
    Professoressa, qui mi fermo, attestando che il libro è bello e che l’ho letto con piacere! Ma fossi io l’autore gli darei una revisionata generale. Un caro saluto. Salvatore Albanese

  3. Mi ritrovo a dover rimandare all’introduzione del libro già riportata testualmente per contraddire il sig. Albanese che insiste nell’attribuirmi delle pretese che non ho e a ricercare delle imperfezioni che nulla hanno a che vedere con lo spirito del libro.Siccome non è nel mio stile scadere in sterili polemiche mi limito ad informare che proprio col brano “Nell’Annatu”, che è il primo dei due paragrafi criticati, ho partecipato nel 2009 al Concorso Regionale “Sicilianamente: Donne di Sicilia” indetto dal C.R.A.L. Sicilia vincendo il 2°Premio di Narrativa in lingua siciliana, assegnatomi dalla Giuria presieduta dallo scrittore siciliano, giornalista e storico delle tradizioni popolari, dott. Gaetano Basile. E dulcis in fundo la cerimonia di premiazione con i relativi riconoscimenti sono registrati nel C.D.che fa parte integrante del libro.
    Saluti.
    Maria Alleri.

  4. Ribadisco il massimo rispetto per lo sforzo e l’encomiabile volontà della Prof.ssa Maria Alleri,ma ribadisco anche che non si può ritenere lo scritto nè “in dialetto siciliano madonita”, nè “in dialetto siciliano tipico del territorio madonita”, nè espressione della “forma arcaica dell’Alto Salso”, salvo a voler restringere il territorio madonita ed escludere la presenza di paesi e cittadine come Castelbuono, Gangi e Geraci Siculo da una parte, e Petralia Sottana, Castellana Sicula e Polizzi Generosa dall’altra parte. Il linguaggio dialettale di questi territori non può essere assimilato o accorpato per le troppe differenziazioni di forma, oltrecchè di significati, accenti e toni. Esagerata, inoltre, appare la pretesa di tramandare “come dono prezioso, alle altre generazioni” un linguaggio spurio, che “deriva dalla interpretazione e ricostruzione del linguaggio parlato ascoltato”. Perchè proprio questa interpretazione e ricostruzione, più o meno libera, tradisce la veracità del linguaggio, lo spirito dello scritto ed il ritorno alle radici. I troppi errori di stampa e le troppe mescolanze, che vi si riscontrano, danno l’impressione di trovarsi di fronte ad uno scritto con troppa frettolosità, senza una rilettura, senza una ricerca seria, le quali cose tolgono al testo la pregevolezza ed l'”interesse linguistico degli specialisti”. Dalla lettura dei primi due brani è facile rilevare l’uso non appropriato dei termini “ammuttanti” (derivato), forse abbuttanti, “ma matri”, forse ma ma, “arranfava”, forse quadiava, “ugghi”, forse ulli, “infinniati”(derivato), forse impirtusati, “intra”, forse ‘nta, “i cuperta”,forse i cuperti, “grinniuna” (derivato), forse gridate. E dulcis in fundo “abbrivatura” del dizionario. Un caro saluto. Salvatore Albanese.

  5. INTRODUZIONE
    Il libro “Un tiempu, o’ ma paisi” è composto da 18 brani in dialetto siciliano madonita. Il linguaggio scritto usato, deriva dall’interpretazione e dalla ricostruzione del linguaggio parlato ascoltato, e non ha la pretesa di essere assimilato alla lingua siciliana codificata. Dal punto di vista linguistico risulta, infatti, una fedele trasposizione ed una personale testimonianza dell’espressione comunicativa di quei tempi……
    Viene riportata testualmente l’inizio dell’introduzione del libro a risposta di quanto rilevato dal Sig. Salvatore Albanese.Si evince infatti che il libro non è l’opera letteraria di una studiosa della lingua siciliana scritta nè della sua grammatica ma quella di un’appassionata ed amante dell’ espressione dialettale orale. Nè c’è alcuna erroneità se si considera che viene riportato un luinguaggio che dalla generazione dei nonni passa a quella dei genitori ed alla propria subendo gli influssi del fenomeno di modernizzazione nonchè delle influenze delle parlate dei paesi limitrofi. L’uso della doppia elle “ll” al posto di “ggh” e “gli” es:pilla anzicchè pigghia e piglia è rispettato nel testo ed è la sua caratteristica quale forma arcaica dell’enclave dell’Alto Salso di cui Bompietro fa parte assieme a Soprana e le sue borgate, Blufi ed Alimena. E’ chiaro che alcune doppie notate sono errori di stampa.
    Ringrazio per l’attenzione
    Maria Alleri

  6. Ho il massimo rispetto per lo sforzo e l’encomiabile volontà della Prof. ssa M. Alleri di tramandare ai posteri una fotografia di quello che è stato il complesso momento sociale, politico, storico, culturale ed economico dello immediato dopoguerra e particolarmente del decennio attorno agli anni 1950-1960, attraverso le vicende di vita vissute da una famiglia piccolo borghese del tempo. Ma, nel contempo, non posso non rilevare che spesso il linguaggio usato, a mio parere, non risponde a quello del territorio, cui la narrazione è riferita, qualche volta non viene usata correttamente la grammatica della lingua siciliana e altre volte l’autrice si lascia influenzare da forme dialettali acquisite altrove. Ad esempio, per non farla lunga, pare più corretto l’uso di “na vota o ma paisi”, così come pare più aderente l’uso della “lla” al posto della “gghia”(palla, pagghia). Di norma la parola maschile termina sempre per “u”. raramente per “i”, che viene usata per il plurale (tulari, tularu), così come la vocale “e” non viene mai usata cime articolo in sostituzione di “i” (e puntala, i puntala). Un escursus di un capitolo qualsiasi (es. A Brivatura) mette in evidenza che, salvo a trattarsi di errori di stampa, nel territorio la terza persona dell’imperfetto del verbo essere è “era” non “iera”, e “i bummila sunu bummula, i sbummichiava sunu sbummicava,caffuddavanu è cafuddavanu, ciali frischi sunu cialufischi, zaccanu è zzaccanu, lucertoli sono lucerti. micragnusa non è locale, va meglio a filiddu, arecchi sono aricchi”. Mi fermo perchè lo spazio è finito. Se queste cose si ripetono, come sembra, viene tradito lo spirito col quale si vuol far passare il testo, cioè si mette in circolazione un qualcosa di erroneo. L’autrice dovrebbe dare un’occhiata più attenta allo scritto se non vuol far passare “i calzettini” di pag. 62 A Casa per “i cazitteddi”. Un saluto a tutti. Zio Salvatore.

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