Il rumore dell’ eco (di Cinzia Aiello)
La vita irrompe nelle strade. Giovani con le stesse maglie, gli stessi jeans, le stesse scarpe. Si fa fatica a distinguerli. Figli che popolano le notti, nelle piazze e nei vicoletti di una Palermo palcoscenico di un altro sabato sera: ancora un appuntamento dopo cena con i capelli dritti puntati al cielo e gli occhi vuoti.
Palermo si presta alla rappresentazione di commedie e tragedie.
L’ acustica è perfetta e il vociare incalzante in falsetto sembra un inno alla gioia rivisitato in chiave moderna.
È una gioia sintetica, tagliata male che male ti prende e ti picchia allo stomaco fino a farti vomitare il senno e la ragione.
Ti prende i sogni e li risucchia negli anfratti più bui di una città che non riconosci e che non ti appartiene.
È un quadro psichedelico, strobo fobico.
Un martello pneumatico che distrugge il manto stradale della via maestra. E smarrito inciampi, cadi, ti alzi e ancora cadi.
E tutto attorno a te è indifferenza, sterilità di valori, tempesta, abisso, vuoto.
Cecità collettiva che non vede la tua mano tesa.
Orecchie refrattarie a grida di aiuto.
Bocche vuote di parole empatiche.
Chiasso.
Caos.
Marasma.
E dopo uno sparo arriva il silenzio.
E il rumore dell’ eco della solitudine di Palermo, genio che allatta figli-serpi, la cui mano qualcun’altro arma.

Trovatore di poesie nascoste, scrivo “cose” e faccio fiori…
Quasi affetta da una strana forma di “empatia patologica” scrivo perché la scrittura è il solo mezzo che ho a disposizione per dar voce ai miei pensieri più intimi.






























































Ottimo articolo. I miei complimenti. Prova a inviarlo al giornale di Sicilia.